L'entusiasta condivisione dei ragazzi italiani, l'incredula curiosità di quelli coreani, la disciplinata attenzione di altrettanti (giovani e non) aspiranti cuochi arrivati in Italia da oltre venti paesi del mondo: trovarsi di fronte a tanti occhi appassionati, alla sorpresa, alle domande, è sempre la più nutriente esperienza di andare ad insegnare alla Scuola Internazionale di Cucina di Alma.
Sono dieci anni, ormai, che varco la soglia della reggia di Colorno con in mano una valigia piena di Sicilia, da aprire davanti a loro per raccontare la mia cucina. E quest'anno più che mai ho deciso di non limitarmi a preparare le mie ricette, insegnando loro le tecniche e aprendo alla loro ricerca qualche nuova possibilità sulla trasformazione della materia, nel rispetto della sua essenza: quest'anno più che mai ho deciso di partire invece dal valore culturale del cibo, raccontando ogni ingrediente in relazione al territorio, per dimostrare agli studenti come il nostro lavoro non possa prescindere dalla storia, dalle consuetudini, dai paesaggi, dalle mani dei produttori che ci circondano, come del resto io stesso ho imparato non solo dalla mia terra ma anche da quelle, straniere, in cui sono andato e continuo a cucinare spesso, attraversando il contatto e la contaminazione.
Così quest'anno in valigia ho messo in particolare quattro ingredienti: il mio olio extravergine d'oliva, che come ormai ben sapete considero il primo e più importante protagonista della cucina, per raccontare ai ragazzi come ogni anno lo faccio nascere, scegliendo il mio blend tra le mille sfumature degli oli dell'est e dell'ovest dell'Isola; la bottarga di tonno, unica traccia di questo pesce che continuo a usare nella mia cucina, avendolo ormai da tempo escluso dal menu, per raccontare invece la lunga e affascinante epopea della mattanza, dei tonnaroti e delle tonnare siciliane, da Favignana a Marzamemi; il pomodoro Datterino secco, con le suggestive immagini di come ancora le nostre mamme lo salano e lo affidano al lento lavoro del sole; e infine la pasta fatta con i grani antichi siciliani - uno spaghetto di grano Bidì dell'azienda Curcio molito dal Molino dal Ponte di Filippo Drago, in particolare - per dimostrare le differenze con le paste secche normalmente in commercio, sia dal punto di vista della qualità che della salute.
Quattro ingredienti semplici, da mettere insieme in un piatto per fare tutti insieme un tuffo in Sicilia e poi cominciare a preparare il menu delle lezioni: un percorso in cinque tappe, dall'antipasto al dolce, anche in questo caso raccontato attraverso i prodotti che disegnano una mappa ideale della Sicilia gastronomica, quella che mi appartiene, dall'ovest all'est. E dalla terra al mare, come abbiamo dimostrato già con i primi due antipasti: la melanzana con pomodoro, ricotta e mela, e la triglia coi ceci e la zucchina estiva. E poi China su Te, il nostro nuovo filetto di pesce alla pizzaiola, un'occasione per raccontare un altro prodotto eccellente come il cappero di Salina, e infine il pane cotto con gelato a Marsala e frutta secca, un capitolo dedicato alle memorie della nostra infanzia e ad un grande patrimonio siciliano come il Vecchio Samperi di Marco De Bartoli.
La tradizione e la contemporaneità, le suggestioni di gesti che si ripetono da migliaia di anni e la scoperta di come ognuno di noi possa darne una chiave nuova, attuale e personale: attraverso questo lungo viaggio spero di aver lasciato nella mente dei ragazzi qualcosa soprattutto su cosa vuol dire essere (e non fare i) cuochi, con la stessa impronta che loro hanno insegnato a me, ricordandomi ancora una volta la vera essenza di questo mestiere.
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30/06/2016