Per raccontare un territorio bisogna avere l’occhio abbastanza allenato a non trascurare i dettagli, ma, allo stesso tempo, a saper cogliere i percorsi che li legano, facendone tappe di uno stesso viaggio. Con questo spirito di racconto che è sempre una scoperta ho scelto di cogliere la sfida della tenuta “Monaci delle Terre Nere” di Zafferana Etnea per raccontare lunedì 5 settembre uno spezzone di Sicilia unico e irripetibile, sospeso tra le montagne, anzi, la Montagna, e il mare. Insieme a Vincenzo Gulino, lo chef della tenuta, abbiamo ripercorso, passo dopo passo, i piatti che ci ricordavano un dettaglio, un’impressione o che fossero in grado di disegnare sulle papille gustative dei nostri ospiti il ritratto della geografia che volevamo rappresentare: un racconto coerente senza però indulgere negli stereotipi.Quale migliore occasione per preparare, dopo gli antipasti di Vincenzo Gulino, la mia spremuta di Sicilia? Le linguine di grano duro portano in bocca il sapore delle distese dei campi di grano siciliani, mentre l’acciuga, il finocchietto selvatico e il pane abbrustolito profumato di capperi ripercorrono le tappe più sensoriali di un territorio asciutto nell’attesa della pioggia autunnale. Dal mare ho fatto un salto sulle colline e sulle alture montane con il capocollo di maialino: la crosta di nocciola che lo custodisce racconta i pomeriggi tra le radure dell’Etna, mentre la cicoria selvatica che lo accompagna è espressione più verace del territorio attorno a Zafferana. Gli assaggi di dolce, con il mio oramai storico “Uovo alla coque”, biancomangiare di ricotta con albicocca e mandorla, e poi i cannolicchi di ricotta, gelsi neri e cioccolato, la minestra di frutta con gelato al gelsomino e infine nocciola, cioccolato e caffè hanno chiuso il racconto a quattro mani. Un omaggio alla Sicilia nella sua capacità di assumere più forme, e allo stesso tempo alle energie di quest’isola, come quelle che hanno scelto di fare di “Monaci delle Terre Nere” un progetto di accoglienza di grande charme, che non si arrendono. E anche alle pendici del Vulcano sanno mettere radici e crescere, facendo squadra con chi, come me, ci crede ogni giorno.
