Le evocazioni di alcuni piatti della memoria sono potenti non tanto e non solo perché si portano dietro un carico di ricordi e perché ci riconducono subito tra le avvolgenti coccole della nonna, nel cuore della calorosa atmosfera della famiglia: sono potenti perché custodiscono - tutta intera - la densità di una saggezza antica, che prescinde da noi stessi e persino dalle generazioni che ci hanno preceduti.
Le polpette al sugo sono uno di questi piatti.
Il più potente, forse, per me.
La parte della memoria, in questo caso, la condividiamo tutti. E resta racchiusa nell'immagine della scarpetta affondata nei bordi della pentola, al fondo del piatto.
Ma già in quel boccone chi di noi non ha percepito l'importanza di quel sugo, l'anima ricca di carne e patate, protagoniste di quel gusto inconfondibile in cui dopo tante ore si evolve la salsa di pomodoro?
Ed ecco, è lì che risiede la saggezza, quell'incredibile, paziente precisione per la quale un tempo non c'era bisogno di tecnica.
L'ho cercata, l'ho inseguita, per mettere le mie Polpette al sugo anche nel menu di Accursio Ristorante, racchiudendo la carne in una glassa di stufato di maiale cotto a lungo insieme ad una riduzione di Cerasuolo e poi asciugato lentissimamente, come si fa ancora con l'estratto di pomodoro, per conservare allo stesso tempo complessità e acidità. Sotto, ho messo mezzo spicchio di cipolla e una purea soffice di patate, naturalmente, per affondarci dentro come in quelle grandi pentole della nostra infanzia.