Gli altri percorsi del mio menu sono quelli della ricerca, della sperimentazione, della consapevolezza. “Cucina contadina”, invece, è semplicemente il mio percorso del cuore, il racconto di come ho scoperto il piacere di esplorare il gusto: in ogni tappa provo a farvi ripercorrere con me ricordi e affetti dell’infanzia in una famiglia di origini contadine, in cui a tavola si concentravano calore, cure e premure. E porgo, in questo modo, il mio omaggio alla grandezza d’animo, all’umore, alla tempra che esprimono i contadini della nostra terra, la cui umiltà e accoglienza sa trasformarsi sempre in ricchezza della tavola.
E cosa c’è di più accogliente, appunto, di un pezzo di pane caldo, fumante, con buon olio extravergine di oliva? Cosa c’è di più accogliente del profumo del forno acceso, che in ogni cucina contadina coincide col profumo dell’intera casa, della famiglia, del tempo trascorso assieme?
Direttamente dal forno, così, vi porto a tavola tre tesori, custoditi nel sacchetto magico del Cibo di strada: l’arancino, con il riso allo zafferano tradizionalmente condito di un ricco ragù di carne e piselli, lo sfincione palermitano, con le acciughe nascoste tra pomodoro e provola, cipollotto e origano, e la scaccia modicana, con il succoso condimento di pomodoro e melanzane, mozzarella di bufala e basilico, arrotolato tra gli strati di pasta sottile.
Poi un piatto che non manca mai sulle colorate tavole popolane, anche quando fuori il sole picchia come adesso ma a mangiar bene, abbondante e sano non si rinuncia mai: la parmigiana di melanzane, un’esplosione di gusto che ho cercato di rendere leggera e godibile, pur salvandone tutta la potenza e l’intensità, concentrando tutto in un bicchiere il gioco della stratificazione di colori, sapori e consistenze che ispirano subito un calore materno e casalingo.
Il primo piatto è una minestra di pasta di farro condita con tenerumi, cucuzza e patate. Una minestra calda in pieno agosto, vi chiederete? Sì, e non solo perché a casa mia le minestre le abbiamo sempre mangiate sia d’estate che d’inverno: principalmente perché queste straordinarie foglie di zucchina lunga, che non a caso in Sicilia chiamiamo tenerumi, regalano al corpo una frescura che neanche i piatti freddi riescono lontanamente ad eguagliare. Zucchina e patate vi si immergono insieme alla pasta, regalando al palato il fresco gusto di un vero e proprio sorbetto verde e, pulito il piatto, una sensazione di pieno benessere.
Altrettanto appaganti - golose tanto da non avere eguali nell’immaginario di chi ha trascorso un’intera infanzia o anche solo un’estate in Sicilia - sono le polpette di carne con pomodoro, peperoni e cipolla: basta la parola per tornare bambini e sentirsi subito attorno ad una grande tavola da pranzo, in cortile, in una casa di campagna, a gustare questo piatto di cucina poverissima, umile, ma capace di donare ricchezza e gioia ad ogni assaggio. Io le immergo in una salsa di pomodoro e peperoni e le condisco con la cipolla, ricercando come sempre una sintesi che richiama nella sua interezza il poliedrico ma equilibrato, armonioso gusto di quell’esperienza.
Con cosa può chiudersi un viaggio del genere, che corre indietro fino alle radici, se non con il cannolo con cioccolato, crema gelata di frutti rossi e ricotta? Un cannolo con la cialda delicata come quelle a cui mio nonno si dedicava col minuzioso lavoro di preparare canne su misura: nei giorni della festa vi si arrotolava attorno l’impasto, per friggerlo in grandi padelle nere direttamente sulla legna accesa. Io ne ho fatto un vero e proprio peccato di gola: se, per definizione, non può non esserci la ricotta, lo arricchisco col cioccolato e lo accompagno con un sorbetto di frutti rossi, per chiudere lasciandovi addosso una vera carica di energia e… felicità!